Il biciclino

Il biciclino

07/05/24·
Picchio
· 8 min read
Un evento storico

Un oscuro presagio

Dunque c’era ad un certo punto, l’anno scorso o giù di lì, una situazione che potremmo definire nefasta o almeno sgradevole ai più che riguardava gli autobus.

Ebbene sì, siccome ogni grande idea parte da una grande necessità, occorreva proprio che al sottoscritto si palesasse una sonora sassata, sottoforma di un caotico alterco con un autista i cui esiti erano destinati a creare conseguenze per l’anno a venire.

E così, impossibilitato e non invogliato a prendere nuovamente mezzi pubblici, si fece strada, pian piano, l’idea di un mezzo di trasporto che fosse abbastanza versatile da stare sotto ad un tavolo, ma anche sufficientemente veloce da permettermi gli spostamenti di base che ogni essere umano deve compiere in questo strano mondo.

Inizialmente pensai ad un monopattino, ma poi comparirono quei bizzarri folletti che ci affollano la mente con pensieri alquanto intrusivi e trovate strampalate quando meno ce lo aspettiamo: tipicamente a colazione o, mentre si è ben posizionati in attività fisiologiche di base.

E quindi in uno di questi momenti, di cui lascerò a te scegliere tra i biscotti o le latrine, venne l’idea del biciclino.

Ed arrivò fragorosa, violenta, ribaltando il povero monopattino che alla fin fine aveva fatto ben poco di male.
E così presi la nefasta decisione.


Bici Italiane

Una bici, pieghevole per poter stare sotto la scrivania al lavoro ed elettrica perché purtroppo alla biologia non si comanda e così come per la sintesi, mancai evidentemente anche l’appuntamento con chi distribuiva una capacità di sudorazione normale.

E dunque iniziò, come bel caso di ogni mio acquisto, una fase di attenta valutazione di tutti i tricicli, bicicli e monocicli che il mercato aveva da offrire.
Recensioni su youtube, bikebloggers, strane frasi di account cinesi su Reddit. Ogni opzione fu vagliata e la scelta cadde su di un marchio dal nome altisonante (ma non troppo) dall’indubbia indole patriottica:

«Argento, bici ITALIANE».

E dopo qualche settimana eccolo qua, fresco di scatola, il biciclino.

Biciclino alla sua prima uscita su strada

Ruote piccole ma non troppo, freni a disco, manubrio abbattibile, sella con extra ammortizzazione, telaio nero e bianco dai motivi spregiudicatamente aggressivi ispirati alla velocità, cambio a sette marce con interruzione automatica dell’alimentazione e motore posteriore in grado di sverniciare in salita anche le migliori volanti della stradale.

Possiamo dirlo: il biciclino faceva, lì nel salotto, come un manifesto futurista della peggior specie, la sua arrogante figura.


Un caso complesso

E così, dopo aver preso un casco da lampadina (o da soldato ribelle, per chi apprezza quella saga dove si usa il laser), ovviamente pieghevole, che ben si adattasse alla tamarraggine del tutto, comprati degli occhiali trasparenti da pochi soldi eccomi pronto a sfrecciare verso le nuove vette del ciclismo urbano.

Finché, come ogni bel sogno giunge al termine, ahimè, l’incubo.

Un casco niente male, un po’ come il bagn

Iniziò tutto con un tintinnio, dopo circa una quarantina di km, un suono impercettibile, presagio del disastro. E con questo celeste tintinnio ecco partire il primo raggio.

Ora io qui mi sono interrogato a fondo sulla popolazione dei raggi, abitatori di ruote. Mi chiedevo se fossero felici, se le loro condizioni di vita fossero quantomeno decenti, perché ancora non mi era chiaro cosa avesse portato quel povero raggio al suicidio.

Siamo chiari: di solito i raggi sono felici e raramente si sentono di questi episodi. La violenza dell’evento mandò in frantumi l’idillio che si era creato nella mia vita.

Avevo perso un raggio, c’era poco da dire.


Salvare il salvabile

Corsi ai ripari e pensando ad una manchevolezza della casa produttiva mi rivolsi ad un meccanico affinché facesse un controllo su tutti i raggi.

Una volta fatto ripartii tranquillo, fino a quando una notte udii lo stesso suono.
A nulla valsero i miei sforzi, un altro raggio era andato.

Se guardate attentamente potete vedere il cadavere

A quel punto bisognava agire. Con drastica decisione, presi carta e penna e scrissi una gentile, ma ferma, mail all’assistenza.
Uno di quei messaggi pieni di “sicuramente”, “confido che”, “la vostra azienda di cui sono felice consumatore”, che ben si addicono al momento in cui uno si affaccia al nuovo mondo dell’assistenza post vendita di un’azienda ignota.

A domanda cortese, risposta cortese e dopo alcuni convenevoli ecco che mi invitarono a riportare il biciclino in garanzia per una sostituzione completa.

Detto fatto, caricato sul treno l’oggetto il cui nome ufficiale “piuma” mi avrebbe dovuto fare riflettere sul buontempismo dei progettisti dal momento che pesava ben 24kg di solido metallo e litio, giunsi a Bologna.

Lo scambio filò liscio, ma questa volta decisi di testare la felicità della popolazione dei raggi direttamente nella città di origine, in modo da evitare nuovi trasbordi ferroviari.

Ebbene nessun raggio attentò alla sua vita in questo caso. Ma lo stesso non si poté dire della gomma.
Colpita a morte da una scheggia di vetro infame, si sgonfiò dopo appena 20km, lasciandomi a casa con un bel problema e non pochi pensieri.


Storto, ma non troppo

Al problema sopperirono alla fine i miei sforzi e la mia manualità, ma venne anche alla luce la mia tremenda inesperienza.
Cambiai la gomma. Ma quanto a rimontarla, dopo una decina di tentativi, molto sudore versato e una notevole quantità di improperi e bestemmie direttamente proporzionale al numero di video sul tubo dal titolo “…come …si cambia una gomma…” in più o meno tutte le sue declinazioni anche piuttosto scurrili da sostituire ai puntini alla bisogna, mi resi conto che la gomma rimontata era sempre e comunque storta.

Preso atto della mia evidente incapacità, optai per la regola de ‘sticazzi. E quindi, siccome lo strumento demoniaco alla fine funzionava, ignorai la cosa e lo riportai a Trento.

Ovviamente la ruota dietro con il motore


Rapimento

Seguì un periodo di relativa tranquillità in cui ignorai beato quelli che invece erano sintomi di un grave malessere: i freni continuamente perdevano la taratura e un ticchettio sinistro proveniva dalla ruota, quasi a scandire il tempo rimanente prima del prossimo incidente.

Giocando d’anticipo allora mi portai da un biciclettaio, supplicandolo di riparare al mio errore per scongiurare la maledizione.

Il commerciante fece il suo lavoro ed in un paio di giorni la cosa fu risolta e potei tornarmene a casa. Ma ecco che mentre tornavo mi resi conto che il buon uomo doveva essere stato fin troppo gentile da avermi anche regolato i freni. Così gentile che ad un’occhiata ravvicinata scoprii con orrore che uno dei miei freni era stato rapito.

Al suo posto vi era stato messo un sosia, neanche troppo simile in verità, che lì in bella mostra, portava avanti l’inganno. Furente richiamai il biciclettaio malvagio minacciandolo di coinvolgere la polizia delle bici.

E così lui mi disse che in realtà si era trattato di morte improvvisa. A suo dire il mio freno era morto di punto in bianco per un difetto di fabbrica. E loro, impietositi, lo avevano sostituito con uno simile per non farmi avere questo dolore.

Inutile dire che richiesi di poter vedere la salma, in quanto il biciclino era in garanzia. Mi fu risposto che la dovevano cercare perché non la si trovava più.

Le opzioni erano due a questo punto: o il mio freno era in realtà il messia dei freni che aveva deciso di mostrare al mondo il miracolo della resurrezione, o si trattava di un inganno finemente ordito dal malvagio commerciante di biciclette.

Purtroppo non ci è data sapere la risposta, in quanto, nonostante i miei sforzi nel cercarlo per tutti i vicoli ed in tutte le biciclette che incontro, ad oggi ancora non ho alcuna notizia di quale sia stato il suo fato.

Dopo quell’episodio iniziai veramente a sospettare della maledizione del biciclino, in quanto poco dopo un altro raggio decise di suicidarsi e questa volta a momenti ci finii di mezzo anche io.

Rimandai quindi il biciclino in riparazione anche se forse avrei dovuto mandarlo in chiesa per un esorcismo. Ritornato funzionante le cose sembrarono migliorare ancora per un poco, fino a quando dopo qualche mese, successe una cosa normalissima dalle conseguenze inaspettate.

Piovono bestemmie

In una tranquilla giornata di primavera, mentre tornavo da lavoro, si mise a piovere.

Ora, qui occorre specificare che non parliamo di due gocce ma neanche dell’alluvione che rese necessaria la costruzione di un’arca abbastanza nota. Potremmo dire un temporale estivo e non me ne sarei nemmeno accorto se a pochi metri da casa il biciclino non avesse perso potenza.

Un infarto. Un colpo apoplettico. Un mancamento.

Dopo un paio di singhiozzi si spense per non riaccendersi più, lasciandomi la gioia di portare in giro una bici pesante quanto un’incudine per la restante parte del viaggio.

E una volta all’asciutto, quando aprii la scatola contenente la centralina elettronica realizzai che non si trattava di un infarto. No signori!

Il biciclino era annegato.

Un fiume d’acqua si riversò dai circuiti e a nulla serví il mio disperato tentativo di mettere la centralina nell’essiccatore.

Cerebralmente morto. Così scoprii che avevo comprato l’unica bicicletta elettrica sul mercato che non è impermeabile.

Ad un certo punto ho usato anche il phon

La luce, in fondo

Inutile dire che il tono delle mie conversazioni con l’azienda produttrice aveva già da tempo preso la direzione degli insulti velati, delle minacce e delle buste con i raggi morti dentro.

Mi accordarono nuovamente la riparazione e quando il nuovo cervello fu montato e il biciclino riportato in città, mi presi un attimo per chiedermi se, a questo punto della storia, non fossi io ad essere maledetto.

La risposta arrivò subito in realtà. Perché una volta scaricato dalla macchina dei miei genitori, non potei non sentire quel suono metallico cui ero già avvezzo e che avevo imparato a riconoscere così bene.

Chinai la testa, mi abbassai verso la fonte del suono e sbirciando in un punto preciso della ruota anteriore, potei vedere, freddo ed immobile, l’ennesimo raggio morto.

Sipario.